lunedì 28 aprile 2014

La ragazza delle arance, scritto da Jostein Gaarder.


Devi sapere che si prova una sensazione di calore intenso sulla pelle a scrivere una lettera a un figlio che si sta per lasciare, e fa piuttosto male anche leggerla. Ma ora sei un ometto. Una volta che io sarò riuscito a fermare queste righe sulla carta, tu devi resistere a leggerle. Come hai già capito, vedo chiaramente che forse sto per staccarmi da tutto quanto, dal sole e dalla luna e da tutto ciò che è, ma soprattutto da mamma e da te. E’ la verità, e fa male”.


La ragazza delle arance è un romanzo dell’autore norvegese Jostein Gaarder, pubblicato in Italia nel 2004.
Un ragazzo di quindici anni, Georg, si trova a leggere, con fremente emozione e nostalgia, una lunga lettera lasciatagli dal padre, scomparso anni prima, ben nascosta nella fodera di un passeggino rosso, conservato in un ripostiglio. 

Essa narra un’intensa storia d’amore, sbocciata per le vie della Oslo degli anni '70, fra una matricola universitaria e una ragazza che sempre, ad ogni fugace ed imprevedibile incontro, porta con sé un sacco di arance.
Con delicatezza e passione, Gaarder conduce per mano il lettore attraverso una favola contemporanea, struggente e dolce, fatta di sguardi che indagano l’anima e costruita tramite un susseguirsi di misteri e domande che attendono risposta, fino all’esito finale, che culmina in un interrogativo ancestrale sul senso della Vita e sulla sua innegabile Bellezza. 
Georg apprende, attraverso le parole scritte nella lettera, la storia della sua nascita, ma, attraversando i limiti contingenti di tempo e spazio e sconfiggendo le dolorose recisioni della morte, apre, soprattutto, un dialogo filosofico con il padre, che non ha potuto conoscere in modo approfondito. E' uno scambio intellettuale ed umano che gli consentirà di approdare alla maturità, conscio delle proprie origini e pronto alla sfida che il mondo riserva ad ognuno: un futuro senza certezze, ma sostenuto da esili speranze che rendono straordinaria ogni esistenza e non escludono un margine di libertà di scelta, pur se immersi nell’ignoto dell’universo e nell’ineluttabile destino.
Se, al termine di tale breve recensione, non avete compreso quasi nulla della trama, sono riuscita nel mio intento. E' un libro che si legge tutto d'un fiato, grazie al periodare semplice e scorrevole e grazie al buon dosaggio di suspance e riflessioni filosofiche. Non è un libro che si racconta, ma che si assapora.

Cosa avresti scelto se ne avessi avuta l’occasione? Avresti scelto di vivere per un breve momento sulla terra, per poi, dopo pochi anni, venire strappato da tutto quanto e non tornare mai più? Avresti rifiutato?”.

"Ma sognare qualcosa di improbabile ha un proprio nome. Lo chiamiamo Speranza".

Emma Fenu 

tratto da



martedì 22 aprile 2014

Legoland. Parco di divertimenti a Billund, in Danimarca.

Legoland, la fantasia è un gioco da Bambini.

"Le favole non dicono ai bambini che i draghi esistono. Perché i bambini lo sanno già. Le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti". 
Gilbert Keith Chesterton



Fondato a Billund, cittadina danese al centro della penisola dello Jutland, nel 1968, il parco di Legoland attrae, ancora oggi, copiosi flussi di visitatori.
Lo scorso week end di Pasqua è stato, finalmente, il nostro turno! 
Ho preparato una valigia per due in venti minuti scarsi, cercando di stipare, in uno spazio ridotto, i capi di vestiario necessari per i repentini cambiamenti climatici propri della primavera in terra danese, dove sole, pioggia e vento si alternano in un minuetto di colori e temperature.
Ed eccoci pronti, provvisti di sorriso, per raggiungere, in treno, il comune di Vejle e, da qui, il pullman che conduce direttamente all'interno di Legoland, presso l'omonimo hotel.


In quel tratto di strada, una mezz'ora abbondante che separa dalla meta, l'avventura è già iniziata
Lo spettacolo che si offre al passeggero è un trionfo incantevole di vichinga e nostalgica fierezza, un luogo senza tempo in cui si incontrano verdi distese; casette rurali, bianche e nere o dipinte nei colori più accesi, dai tetti spioventi in paglia; trattori che solcano la terra che si dischiude per accogliere la vita; attrezzi agricoli, in legno, esposti come ricordo ed elogio di epoche passate; pale da mulino che ruotano con allegra frenesia; carriole che oggi, dopo aver servito mani di donne e uomini solcate dalla fatica, sono vezzosi arredi ricolmi di fiori; panni candidi, svolazzanti come barche sui flutti, stesi su corde tese fra alberi secolari.



E, terminato il percorso in pullman, ci si immette con stupore, nella favola dell'infanzia.
Non importa l'età anagrafica, a Legoland siamo tutti bambini
Non vi narrerò nel dettaglio le attrattive del parco, se pur belle e numerose, tenterò, invece, di farvi respirare, gustare e percepire, solo per un attimo, pari ad un palpito d'ali di farfalla o ad un soffio di brezza mattutina, l'atmosfera che vi vive, intensamente, un adulto (o presunto tale!). 

"Il bambino è padre dell'uomo".
William Wordsworth



E' un mondo tutto di mattoncini (perfino le patatine fritte hanno la medesima foggia!), dove prendono vita cavalieri indomiti, serrati nelle loro armature; castelli medievali; draghi fantastici; principesse coraggiose; scenari da film Far West; meraviglie sommerse sotto il mare, dove Atlantide torna a risplendere; galeoni e lotte fra pirati, danzanti, fra luccicanti bottini, con il broccale di birra in mano; giostre da carillon; montagne russe che fanno sobbalzare il cuore; riproduzioni spettacolari di città in miniatura; case di fantasmi e innevate tane di orsi polari.
Ma non è tutto...questo è quanto si percepisce con gli occhi, ma tutti i sensi sono coinvolti e sollecitati da musiche, ruggiti, barriti, nitriti, boati, risate da brivido; da spruzzi di acqua che ti investono lungo le discese in canoa; dall'aroma di zucchero filato, popcorn e wafel; dall'effetto così familiare che provoca toccare i mitici mattoncini, compagni dei nostri giochi infantili, impilarli e costruire cosa vorremo essere e, in fondo, siamo.

"Noi siamo l'enigma che nessuno decifra. Siamo la favola racchiusa nella propria immagine. Siamo ciò che continua ad andare avanti senza arrivare mai a capire".
Jostein Gaarder


Perché, sappiatelo fin d'ora: anche se avete passato i 10 anni da un pezzo, e siete adolescenti, giunti in gruppo e tintinnanti di piercing, coppie in viaggio romantico, genitori, zii, nonni...non importa. Vi ritroverete a costruire un progetto, impegnati e assorti, cercando con cura il pezzo mancante e, rovistando, con il braccio immerso fino al gomito, seduti goffamente, ma felici, sui bordi di una vasca colma di lego, con accanto una testina bionda di quattro anni. 

"Un bambino può insegnare sempre tre cose a un adulto: a essere contento senza motivo, a essere sempre occupato con qualche cosa, e a pretendere con ogni sua forza quello che desidera".
Paulo Coelho

















Postilla:

Test.
Due adulti a Legoland, un uomo e una donna.
15 minuti e una vasca di mattoncini lego.
L'uomo cerca i mattoncini nei colori più tetri, poi tenta di creare un marchingegno che necessita, per essere terminato, di 15 ore, non minuti, si rende conto di non disporre dei pezzi necessari e si ritrova in mano qualcosa di inutile.
La donna sceglie i colori più carini, con i mattoncini a disposizione e con le metrature disponibili, costruisce una casa, coltiva in fiore e adotta un cane.

Genetica...Meditate gente! 



lunedì 14 aprile 2014

Una Pasqua di Sole, Amore e Fantasia.

"La fantasia è una perpetua primavera".
Friedrich Schiller

"A nessuno rassomigli da che ti amo.
Lasciami stenderti tra le ghirlande gialle.
chi scrive il tuo nome a lettere di fumo tra le stelle del sud?

Le mie parole piovvero su di te accarezzandoti.
Ho amato da tempo il tuo corpo di madreperla soleggiata.
Ti credo persino padrona dell'universo.
Ti porterò dalle montagne fiori allegri,copihues,
nocciole oscure, e ceste silvestri di baci.
Voglio fare con te
ciò che la primavera fa con i ciliegi".
Tratto da Pablo Neruda, Giochi di ogni giorno


Io non sono un'amante dei pomeriggi afosi trascorsi a crogiolarsi sulle spiagge assolate. 
Ho una carnagione diafana e un animo selvaggio e poetico: preferisco il mare durante le ore del crepuscolo, quando la sabbia è fresca e umida sotto i piedi; quando dispongo di ampio spazio, fisico e mentale, per leggere un libro e fantasticare su storie e creazioni; quando osservo il volo in planata di un gabbiano; quando mi cattura la cura meticolosa di un pescatore che si appresta ad organizzare una nottata solitaria; quando seguo il minuetto di un aquilone in balia di un bambino che ride.
Questo accadeva prima di trasferirmi a Copenhagen, città che adoro, anche perché mi ha riconciliato con il sole
Perché se hai vissuto l'inverno danese, buio e freddo, se pur reso suggestivo e hyggelig dal tremolio della fiamma delle candele e dagli scampanellii natalizi, puoi anche avere il manto oscuro e i canini, imbrattati di sangue, di Dracula, ma, al primo raggio di sole, ti riverserai all'esterno delle mura domestiche senza neppure pettinarti con cura, chiamerai all'appello amici e conoscenti, darai alle fiamme la tuta termica e ti riempirai cuore, mente (ed ogni centimetro di pelle scoperta) di sole, luce e calore. Riderete e vi ricorderete le buffe immagini di repertorio tratte dal film "Miracolo a Milano", capolavoro di De Sica.
Arriva il sole! Miracolo a Milano (clicca per accedere al video)

Ed eccomi qui, a Copenhagen nella settimana che precede la Pasqua, in preda ad una frenesia creativa (di mente, cuore e mani, come mio solito) che inneggia alla primavera e alla rinascita, ad un nuova, ed irripetibile, occasione di inizio che ogni anno ci viene elargita, come dono inestimabile.
Ho acquistato, circa un mese fa, in tempi ancora non sospetti, un innaffiatoio in latta, l'ho ornato ed impreziosito con washi tape in una dolce e minuta fantasia fiorita e con pizzo di cotone ecrù. Primo step: sarebbe stato un degno vaso per accogliere i rami del mio albero pasquale
I giorni scorsi, passeggiando per le vie del centro, ho accumulato, con allegra ed indomita fierezza, il mio prezioso bottino di tesori: uova in legno, da decorare, merletti, trine, nastri in raso e grosgrain (con scritta love!!!!), bottoni e piccole rose di stoffa. Il tutto nelle raffinate nuances del bianco, dell'avorio, dell'ecrù e del beige, con discreti tocchi di marrone, di nero e di bordeaux. 
Ho allestito un primo alberello, in un formato compatibile con la esigua metratura del mio appartamento. Lo ho osservato e scrutato, con aria interrogativa e sospettosa. E' pur sempre un'estraneo in casa, se pur frutto della mia creatività. Non era abbastanza "emmoso": io sono difficilmente compatibile con scelte razionali e misurate, a meno che non ci sia la vita in serio pericolo!
Ergo, complice il sole festante dell'ultimo sabato, ho comprato cinque rami in formato maxi, accogliendoli con fervente entusiasmo fra le mie braccia, ancora avvolti nella carta kraft, come è d'uso nei tipici negozietti di fiori che costellano la Danimarca.
Ed eccolo, è apparso, come l'eburnea effige dallo scalpello di Pigmalione, il MIO albero pasquale: un tripudio di mollette, piume candide, uova in stile vintage e uccellini in ceramica. 
Lo so, lo so... per un periodo (della durata al momento non precisata) avremo qualche difficoltà nell'aprire le ante della finestra del soggiorno. Tuttavia, il fine, se shabby, giustifica i mezzi, assioma, quest'ultimo, non vergato dalla penna di Macchiavelli o di un osservante gesuita, ma, talvolta, assai condivisibile.

"L'uomo è misura di tutte le cose: di quelle che sono, in quanto sono, di quelle che non sono, in quanto non sono".
Protagora

"Ci sono soltanto due possibili conclusioni: se il risultato conferma le ipotesi, allora hai appena fatto una misura; se il risultato è contrario alle ipotesi, allora hai fatto una scoperta".
Enrico Fermi


Emma Fenu



Altre mie creazioni pasquali per voi!








ciò che la primavera fa con i ciliegi.

martedì 8 aprile 2014

Il fascino del Nord. Dalla Francia al Polo!

"Così lontano come la mia poesia brucia il suo fuoco,
così lontano corre i confini della mia patria
".
H.Ibsen

Sono nata sulle candide spiagge di una cittadina incantevole della Sardegna, con il profumo del mare nei capelli; l'odore acre delle alghe; le corse giocose lungo le pinete; il fascino solenne delle Torri e dei Bastioni dell'epoca aragonese; l'ombra solitaria dei Fortini a picco sulle scogliere, scenario di ataviche battaglie navali; le dolci melodie di un idioma catalano unico al mondo.
Sono fiera della mia sardità, del mio essere solare, granitica, calma o burrascosa come il mare, figlia di una società matriarcale, isolana nell'animo, dotata di ponti levatoi e bisognosa di orizzonti infiniti.  



E i miei orizzonti infiniti si estendono, indomiti, oltre il Mediterraneo, si addentrano fra i venti freddi del polo, fra i paesaggi innevati, fra i boschi popolati da renne, fra le primavere tiepide e ebbre di colori e di profumi.
Amo il nord, nella sua accezione più vasta. Non solo un nord meramente geografico, un immaginario quasi stereotipato di slitte di Babbo Natale, di birra e di gløgg, di pane di segale e di cannella, di pub con le teste delle renne in bella vista, di case arredate con mix di semplicità assoluta e di pezzi di pregiato design, di numerose dimore che paiono riproduzioni tangibili delle pagine del catalogo Ikea.
Il mio nord si tinge dei colori pastello della Francia, in cui l'ensemble perfetto di mobili sbiancaticeramiche, scatole in latta e brocche smaltate ricorda epoche mai davvero trascorse; si impregna dell'odore del legno svedese delle assi del pavimento e delle travi che attraversano i soffitti; si crogiola nell'arte sapiente delle pregiate porcellane decorate danesi; si illumina del bianco che contrasta con i colori neutri e freddi di appartamenti con finestre che si affacciano su vie costellate da case di mattoncini rossi e modanature bianche; segue i rintocchi degli orologi a pendolo ispirati alla corte del re Gustavo III, innamorato dei fasti di Versailles; si inebria nel profumo dei tulipani varipiopinti; si scalda in atmosfere che rievocano baite immerse nel candore nevoso, con i ceppi che bruciano nel camino, la tisana calda e fumante fra le mani e il tappeto di pelliccia ecologica sotto i piedi scalzi.
Il mio nord è ispirazione vintage, è shabby, è gustaviano, è contaminazione fruttuosa di idee, fogge, linguaggi iconici e popoli (non dimentichiamo l'apporto persino del provenzale, del toscano e dello stile industriale!), ma è soprattutto uno stato dell'animo, nutrito da letture di poeti e prosatori nati nel freddo e nel ghiaccio, da quadri di artisti d'oltralpe che hanno fatto la Storia dell'Arte; dal mondo fatato delle Tilda, stupende bambole norvegesi, cucite handmade, spesso munite di angeliche ali piumose; da cieli sconfinati in terre di mistero e magia: un mondo ovattato da scaldare armati di ferri di maglia, soffici gomitoli  e sorrisi amichevoli

"Il poeta tedesco Johann Wolfgang Goethe disse: Colui che non sa darsi conto di tremila anni rimane nel buio e vive alla giornata. Non voglio che tu sia così. Voglio che tu conosca le tue radici storiche. Soltanto in questo modo diventerai un essere umano".
Jostein Gaarder
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/libri/frase-76560?f=a:1701>
Emma Fenu