martedì 27 maggio 2014

Pensieri e parole in Valigia.




Non ho deposto i ferri a favore della penna.

Mi premeva rassicuravi, immaginandovi insonni e sole, in lunghe notti dominate dal tarlo del dubbio.
Mentre i miei pensieri e le mie idee corrono e si rincorrono, infatti, le mie mani continuano a muoversi, sia per digitare lettere sulla tastiera del portatile, che prenderanno vita in recensioni letterarie, racconti, saggi, articoli e analisi testuali, sia per dipingere un baule in legno, sia per confezionare un capo in lana o in cotone


Non c'è soluzione di continuità, in primis perché, grazie alle due X in sequenza dei miei cromosomi, posso svolgere più attività in contemporanea: ossia leggere, scrivere, sferruzzare, registrare messaggi vocali su whatsapp, destinati ad un'amica, programmare nel minimo dettaglio il prossimo week end (e i prossimi dieci anni, se sono in vena) con mio marito, sgranocchiare patatine.
In secondo luogo, poiché, lo sapete, sono una donna di cuore, mente e mani, e ogni mia creazione è una storia che prende vita, concepita e generata per raccontarsi, o attraverso parole vergate ed immagini evocate o attraverso colori intrecciati e sensazioni tattili.

Se volete addentrarvi nella fucina dove vengono forgiati capi e accessori in lana e cotone, vi invito ad essere curiosi e temerari e a leggere un mio blog, contenuto all'interno del sito Libreriamo. Non scrivo in merito alle mie creazioni handmade, ma vi narro ciò che accade prima e dopo e durante la loro realizzazione, perché, nella mia valigia ricolma di progetti, sogni e libri, c'è sempre spazio per un paio di gomitoli



mercoledì 21 maggio 2014

Soffici Copertine per Neonati.


"Nascere è ricevere un intero universo in dono".
Jostein Gaarder



La nascita di un bambino è un evento magico, è la primavera della vita: nonostante sia naturale e coevo alla Storia dell'umanità, non cessa di stupire, ogni volta. E ogni volta, davanti ad un nuovo essere vivente, guardandone la boccuccia umida, la pelle aggrinzita, i pugnetti chiusi, i piedini piccoli e perfetti, non possiamo che provare gioia, tenerezza, speranza. 
L'arrivo di un neonato cambia, anzi stravolge, la famiglia, la casa, la quotidianità. Tutto si tinge di colori pastello, tutto sa di borotalco e di latte, tutto diventa più dolce, come in un'atmosfera da carillon, una ninna nanna popolata da cuccioli d'orso, di leone e di elefante, da uccellini, coniglietti e agnellini.
Il primo regalo che si confeziona per un bimbo, quando ancora è cullato nel ventre materno, è un manufatto in lana: una copertina, un maglioncino, un cappellino, un paio di calzine...piccoli e soffici batuffoli che dovranno scaldarlo e coccolarlo fin dai primi giorni. 
La tradizione, dagli anni ’50 in poi, propone l’uso del colore celeste per i maschietti e del colore rosa per le femminucce. 
In precedenza era l’opposto, basti pensare alle raffigurazioni iconiche di Gesù e della Madonna, rispettivamente avvolti in un manto, celeste per la Madre, rosato per il figlio.
Molte sono le ipotesi circa l’uso dei suddetti colori come elemento identificativo del sesso del neonato, la teoria più supportata fa riferimento al cielo, simbolo di grandezza per il futuro guerriero e dominatore, e ai toni dei fiori e del sangue per la futura dolce fanciulla e madre. 
E, quando, fino a circa 40 anni fa, si sferruzzava senza l’ausilio del responso ecografico che disvela il sommo segreto fin dai primi mesi di attesa, nonne e zie si attenevano a colori neutri, in primis bianco e giallo pulcino.
Oggi le ultime tendenze in merito alla moda baby propongono soluzioni molto innovative, contemplando, accanto al bianco e all’avorio, una vasta gamma di tonalità: ecrù, tortora, marrone, grigio, blu navy, rosso, verde acqua, lilla
Prendono vita, tramite un'arte antica, soffici copertine che diventano carezze capaci di cullare come intonando una dolce ninna nanna, maglioncini e accessori composti da fili di lana pregiata, che si intrecciano magicamente in disegni e trafori minuti, come opera di abili fate, per rendere onore al principe e alla principessa, attesi con amore. Anche attraverso il dipanarsi del filo di un gomitolo si raggiunge il mondo incantato della fiaba. Basta non dimenticarsi di sognare.

"Quel che la favola ha inventato, la storia qualche volta lo riproduce".
Victor Hugo

Emma Fenu
pubblicato su








venerdì 16 maggio 2014

La Cucina negli anni '50.


La cucina negli anni '50: 

la fucina dove nuovi stili di vita prendono forma.

"C'è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti".
Henry Ford


Durante l’evoluzione economica del periodo post bellico, il ruolo della donna si evolveva e trasformava in concomitanza con un nuovo concetto di casa, intesa come luogo deputato alla famiglia, nella quale, da un lato, si salvaguardavano antichi valori patriarcali, dall’altro, però, ci si proiettava verso un futuro, accolto con fervido entusiasmo, grazie ad una serie di innovazioni tecnologiche, destinate a provocare, a livello mondiale, una vera rivoluzione dei costumi.

Pensiamo all’introduzione, come beni di massa, di prodotti esistenti già in precedenza, ma riservati ad un settore di nicchia. Le dimore cominciarono ad essere fornite di frigorifero; di cucina elettrica e a gas, con forno incorporato; di ferro a vapore; di piccoli elettrodomestici, come il frullatore e il tostapane; di aspirapolvere; di lavatrice e, dulcis in fundo, di televisione, quest’ultima destinata a globalizzare il mondo occidentale e a diffondere, capillarmente, nuove ideologie e stili di vita. 
Le donne si trovarono, così, a poter usufruire di molto più tempo libero, da poter impiegare nella cura personale, negli hobbies e, se pur in maniera modesta rispetto ai nostri giorni, in attività inerenti al campo lavorativo.

"La cucina è un posto straordinario, non un posto come un altro della casa. Perfetto per le invenzioni, il posto giusto dove usare l'ingegno per le proprie ricette".
Alessandro Borghese

Questa rinascita culturale e sociale ebbe il suo esordio proprio in cucina, ambiente in cui la donna era indiscussa regina e in cui la famiglia trovava occasione di unione e scambio interpersonale, durante il momento dei pasti. 
La comparsa delle primi mobili componibili, spesso in legno cromato, dall’inconfondibile design semplice e lineare e dai toni tenui, come bianco, panna, giallo, rosa, azzurro e verde acqua, conferì un’atmosfera elegante, accogliente, piacevole e, al contempo, molto allegra. 
La sobrietà e la funzionalità si ritrovava anche nell’aspetto degli elettrodomestici, realizzati con forme bombate e angoli smussati, oggi replicati in varie versioni, soprattutto dal brand SMEG.

"In cucina, il design è il contenitore che deve valorizzare il contenuto".
Davide Oldani

Questa breve analisi si propone di spiegare perché molte pubblicità erano ambientate proprio in cucina, ossia nella fucina dove si forgiava la nuova concezione di famiglia felice, basata sulla genuinità e sul rispetto gerarchico dei ruoli, e da cui ha preso vita, nei decenni successivi, il celeberrimo modello del “Mulino Bianco”, un’espressione retorica divenuta ormai un emblema, disciolto dal marchio.

"Solo attorno a una donna che ama può formarsi una famiglia".
Friedrich von Schlegel

Emma Fenu
tratto da
Nordic Lifestyle Magazine












Questa breve analisi si propone di spiegare perché molte pubblicità erano ambientate proprio in cucina, ossia nella fucina dove si forgiava la nuova concezione di famiglia felice, basata sulla genuinità e sul rispetto gerarchico dei ruoli, e da cui ha preso vita, nei decenni successivi, il celeberrimo modello del “Mulino Bianco”, un’espressione retorica divenuta ormai un emblema, disciolto dal marchio.

"Solo attorno a una donna che ama può formarsi una famiglia".
Friedrich von Schlegel

mercoledì 14 maggio 2014

Casalinghe e Pin up. Le donne nelle pubblicità degli anni '50.



"Dagli occhi delle donne derivo la mia dottrina: essi brillano ancora del vero fuoco di Prometeo, sono i libri, le arti, le accademie, che mostrano, contengono e nutrono il mondo".
William Shakespeare

Ah…i mitici anni 50! C’è chi li ricorda con struggente nostalgia, rispolverando la propria giacca di pelle consunta; chi non li ha vissuti in prima persona, ma è cresciuto con il racconto di quell’epoca meravigliosa, in cui erano bambini i propri genitori; chi li immagina, sognante, come un mondo colorato e gioioso, ritmato dal rock 'n' roll; chi li considera una perenne fonte da cui attingere, per reinterpretarne l’inconfondibile stile, che spazia dalla moda al design; chi li detesta, per le ragioni più disparate, anche di carattere ideologico; ma non c’è chi, semplicemente, li ignora.

La guerra era finita, ma era un ferita che bruciava ancora e necessitava di essere sanata attraverso un inno alla vita, che si realizzò in una rinascita non solo economica, ma soprattutto culturale e artistica. 
In particolare le pubblicità, grazie ad un graphic design di memorabile impatto, ci immettono immediatamente nello spirito del fervido decennio, scoprendone, così, mode e modelli, stereotipi, valori e messaggi opportunamente veicolati, a volte deprecabili, come avviene in ogni contesto storico.

Osserviamo l’immagine della donna, che era indiscussa protagonista della maggior parte degli sponsor, se pur spesso inerenti a prodotti rivolti a fruitori prevalentemente di sesso maschile (quali automobili, moto, alcolici e sigarette). Anche negli anni ’50, si assistette ad una dicotomia, di medievale ascendenza, che, nel periodo qui preso in esame, si stigmatizzò nel duplice ruolo di casalinga e di pin up.
Siamo certi che oggi, in modo subdolo e subliminale, modelli femminili stigmatizzati non siano ancora proposti alle nuove generazioni? Non voglio addentrarmi sulla questione ideologica inerente all’immagine (e al corpo) delle Donne, che pur ritengo di fondamentale importanza. In questa sede, mi limiterò a cogliere l’aspetto più frivolo della pubblicità dell’epoca, sorgente inesauribile di icone si stile e di ispirazioni d’arredo.

"Se le donne sono frivole è perché sono intelligenti a oltranza".
Alda Merini

La pubblicità invitava ad una vita genuina e sana, vissuta in famiglia, grazie ad una mamma, perfetta casalinga, totalmente dedita alla cura del marito, onesto lavoratore, e dei figli, all'interno di una dimora in metamorfosi, che si popolava di elettrodomestici e nuovi prodotti alimentari.

"Là dove non c'è amore non c'è donna".
George Sand

Ed eccoli, i giovani angeli del focolare, comparire sorridenti, con movenze aggraziate, facendo frusciare le gonne a ruota, agili se pur strizzate, nel punto vita, da cinture colorate, sempre impeccabili con una camicia bianca o a pois e, se fuori dalle mura domestiche, con il collo scaldato e impreziosito da un pregiato foulard. 
Ma non solo le under 30 popolarono le pubblicità: numerose furono le donne più mature e sofisticate, che, al posto delle ballerine, sfoggiavano decolletes e, disciolta la coda di cavallo, esibivano acconciature elaborate, con la riga laterale e boccoli ben definiti e composti, risultato di ore trascorse con i bigodini, sotto il casco di aria calda, intente, sedute l’una accanto all’altra presso le parrucchierie, a leggere riviste di cucina o di moda.

Accanto alla dolce massaia, erano proposte, inoltre, altre figure femminili: le sexy pin up, termine con il quale si designavano le ragazze che, durante il secondo conflitto mondiale, venivano immortalate su molte riviste, a cadenza settimanale, edite negli Stati Uniti.
Ancora oggi ammiriamo vere dee di bellezza, esuberanti nelle curve procaci e nelle mise provocanti, che contrastavano, sapientemente, con un’espressione del viso da "bambolina", ottenuta con un mix di ingenuità e scherzoso ammiccare.

"Le donne sono tutte diverse. Fondamentalmente sono una combinazione di quanto c'è di peggio e di quanto c'è di meglio al mondo... magiche e terribili".
Charles Bukowski

Anche in questo caso, per obliare la fame patita durante gli anni investiti dal conflitto bellico, la pubblicità si impegnava nel veicolare un messaggio di “sana” e verace avvenenza: non ci sono ricorsi a diete drastiche o, tantomeno, a interventi di chirurgia estetica nei volti armoniosi e nei corpi torniti delle pin up. Erano dive ma, al contempo, ragazze comuni, non assise su troni inaccessibili di aurea perfezione.
L’abbigliamento delle pin up anni ’50 era frutto di un ben calibrato equilibrio tra sensualità e bon ton: shorts con camice a quadretti vichy, legate in vita con un nodo; vestiti a pois o in stile “marinaretta”, con allacciatura dietro al collo e con una generosa scollatura; gonna sia a ruota che a tubino. 
Per l’acconciatura, accessorio must era la bandana, da cui spuntava una frangetta corta e molto bombata, ben laccata. E, per completare il look, irrinuciabile tracciare una riga di eyeliner nero, tingere le labbra con un rossetto rosso rubino e, se d’estate, indossare un paio occhiali modello “cat eye”.

"La forza delle donne deriva da qualcosa che la psicologia non può spiegare. Gli uomini possono essere analizzati, le donne... solo adorate".
Oscar Wilde

Emma Fenu

Articolo pubblicato presso









giovedì 8 maggio 2014

Rete d'amore. Tutto ebbe inizio, una sera d'inverno, tramite la tastiera di un portatile.



"Siamo legati da infiniti fili sottili, facili da recidere a uno a uno, ma che essendo intrecciati tra loro formano corde indistruttibili".
Isabel Allende ​

Aveva quasi la parvenza di un gioco da bambina: solo chi è cresciuto troppo in fretta sa concedersi il dolce fascino delle favole proprio nel corso delle ardue vicende che si snodano a ritmo serrato lungo le pagine del libro della vita. 
Io ero la principessa e gli altri, ombre che solo infrangendo l'incantesimo avrebbero preso sembianze reali, rivestivano un ruolo preciso, rispondente al proprio carattere: c'era il cavaliere senza macchia e senza paura, il buffo cantore di corte, l'enigmatico fantasma del castello, l'ammaliante conte straniero. Ma mancava il principe, il grande assente. 

"In ogni istante della nostra vita abbiamo un piede nella favola e l'altro nell'abisso".
Paulo Coelho 
Le interazioni online con uno sconosciuto sono terribilmente affascinanti: si scopre l’anima prima del volto, si dischiudono i più fragili e profumati petali del proprio essere, prima ancora di stringersi la mano, di avvertire l’odore reciproco, di sentire il timbro della voce. 
Appresi molto sulla natura degli esseri umani e sulla mia natura femminea, solare e lunare come le antiche dee madri; figlia di Eva e del suo impulsivo e fecondo generare parole ed evoluzioni; isola, anche io, come la mia terra natia, fatta di duro granito, di spumose onde indomite e di candide spiagge infinite. 

Lui non era il mio preferito. Ma io ero la sua. 
Una sera, terminato di stendere lo smalto sulle unghie, momento in cui una donna può riflettere intensamente e prendere in mano il proprio destino, decisi di cancellarlo dai miei contatti, convinta che, con un rapporto virtuale, non avrei mai varcato i suoi muri impenetrabili. 
In quel medesimo istante, complice l'allineamento dei pianeti o la mera fortuna, lui mi mi invitò a passeggiare, a piedi nudi e a ritmo lento, nel suo giardino segreto. Chattammo senza annoverare le ore che si susseguivano, raccontandoci aneddoti, emozioni, sogni, fallimenti, successi. 
Fui io, infine, a chiedergli il numero di telefono e a fissare un appuntamento per il pomeriggio successivo, quando, come di consueto, presi l’autobus, ma, stavolta, con indosso, accidentalmente, il vestito al contrario.

Mi chiama al cellulare, sento la sua voce, ci separano pochi passi. Lui è in alto, sulla sommità delle scale del parcheggio di un centro commerciale, mi scorge per primo, io dopo qualche secondo. 
Sono gli occhi più verdi che io abbia mai visto. 
Imbarazzo. 
Io scherzo e sono pungente, lo faccio sempre quando sono in evidente difficoltà. 
Ci sediamo in un bar, ordiniamo due caffè, parliamo, o meglio, parlo solo io. Lui mi ascolta e mi guarda fisso. Emana un profumo meraviglioso. Le nostre mani si sfiorano. Ha una pelle di velluto. 

"Mi piace come ascolti, mi fai venire voglia di parlare".
Gianrico Carofiglio
Ora siamo davanti al portone d'ingresso della mia casa. L’auto è ferma, ma ancora calda. 
Non sono consapevole e padrona di quanto accade o potrebbe accadere, ho bisogno di scappare. Apro la portiera, senza neppure salutarlo con un bacio sulla guancia. Il cuore salta e accelera i battiti e penso, con assoluta determinazione, di non volerlo rivedere mai più. 
Mi addormento immersa in un turbine di pensieri che si susseguono in una danza senza soste, come fiocchi di neve in balia di una tormenta. Ma, l’indomani mattina, la dolce curva del mio sorriso svela a me stessa l’irrefrenabile voglia di baciarlo. Non ho più paura, mai avuto paura degli sconosciuti, ma paura di amare ed essere amata di nuovo, quella sì.

Trascorsero sette giorni: secondo il libro della Genesi è un lasso di tempo sufficiente per opere di indiscussa grandezza, se si è Dio. Ma è, comunque, abbastanza per per creare un proprio Eden, se si è meri esseri contingenti.

Parliamo e camminiamo vicini, ma senza toccarci. Centimetri infiniti di paradosso, che separano Achille dalla tartaruga. Io sto seguendo il filo di un ragionamento, un filo che si dipana e si interseca fino a formare un gomitolo dalla forma confusa, come dopo aver resistito all'assalto di un gatto. 
Lui si ferma, mi abbraccia stretto e mi bacia. Un bacio dolcissimo, meraviglioso. Anche la sua bocca, come le sue mani, ha la consistenza del velluto. Non so per quanto tempo restiamo fusi. Poi riprendiamo a camminare, gli tendo la mano. 
Ora procediamo stretti…forse non tocchiamo terra. 

"Ogni giorno cerco il filo della ragione ma il filo non esiste, o mi ci sono ingrovigliata dentro".
Alda Merini
Partimmo, durante un fine settimana, diretti alla volta di un'arcipelago di incantevole bellezza selvaggia, battuto dal vento, teatro di agiografiche leggende medievali. Non ricordo le tappe che scandirono il tragitto. Ricordo solo le nostre mani intrecciate. L'immagine di noi diventa nitida nella mia memoria solo nell'interno claustrofobico del traghetto, soli in auto, nella notte incipiente. 

Sussurro qualcosa. Non mi ricordo cosa. Qualcosa di banale. 
Lui equivoca, evidentemente. Mi risponde: “Ti amo anch’io”. 
Cuore che scoppia costretto nella prigione del petto. 
Io non ho detto “ti amo”, ne sono certa. Ma lo amo, eccome. 
Però taccio, non ho neppure salivazione. 
Mi stringo a lui, nel silenzio. ​

"T’amo senza sapere come, nè da quando nè da dove".
Pablo Neruda​
Sono trascorsi, da allora, quattro anni intensi, cadenzati da giorni lunghi e gravidi di vita come millenni. ​Il tempo è una misura relativa, che dimora nel mistero dell'anima.
Con amore e con coraggio di essere Due, viviamo insieme in terre lontane, dal Medio Oriente al Nord Europa. Mi sono persa fra odori e colori di spezie, di hommos, di burro e di cannella; fra villaggi dove tutto sembra essersi fermato in un’epoca imprecisata e metropoli ipertecnologiche; tra il fumo inebriante del narghilè e il bruciante sapore del gløgg​; fra percorsi stellati di notti incantate, in un silenzio squarciato dal richiamo del Muezzin o dai i canti intonati in un unisono festoso, danzando attorno all'albero di Natale; fra infiniti orizzonti, reali e metaforici, di rossi deserti e di distese innevate. 

E, al termine della giornata, dovunque sia casa, ci abbracciamo, respirando l’uno il profumo dell’altra, consapevoli che non sempre tutto è perfetto, tantomeno noi. No, non siete giunti alla fine della storia. E’ solo l’inizio. ​

"Coloro che vivono d'amore vivono d'eterno". 
Emile Verhaeren

Emma Fenu
pubblicato su