domenica 12 ottobre 2014

Il fascino del gatto nero. Simbologie e superstizioni.




Se un gatto nero attraversa la strada che state percorrendo, è un indizio.
Vi è un enigma che aspetta di essere svelato e l’impresa che vi attende sfiorerà l’impossibile.
Sappiatelo. Dovrete fare appello al vostro sesto senso e al vostro intuito, e forse non saranno sufficienti.
Perché, se un felino corvino decide di recarsi dal lato opposto di un sentiero, evidentemente si sta recando in un luogo di propria conoscenza.
Si dirige, a passo lesto, verso l’antro di una strega? Vuole aderire ad una setta di maghi? E’ in cerca di un topolino? Ha sentito l’irresistibile richiamo d’amore di una focosa amante?
L’unico modo per saperlo è pedinarlo o porgli direttamente la domanda, nella speranza di una risposta che siate in grado di decifrare.
No, non vi porterà sfortuna, al massimo farete perdere tempo al gatto, qualora, gentilmente, volesse prestarvi ascolto.

La superstizione popolare, che taccia i gatti neri di essere menagrami e strumenti del male, ha origini antichissime e si è tramandata di generazione in generazione.
Andiamo a ritroso. Ancora e ancora.
Giungiamo a tempi arcaici, gravidi di Piramidi, di sfingi, di geroglifici, di templi candidi, di capitelli scolpiti con le foglie d’acanto.
Bruciamo incenso davanti alle effigi di figure femminili connesse alla sacralità attribuita ai gatti, ossia alle dee egizie Bastet, dalle fogge feline, e Iside. Quest'ultima, divenuta, in seguito, Artemide per i Greci e Diana per i romani, venne associata all’oscurità della notte e al nero assoluto e insondabile delle tenebre.
Con l’avvento del Cristianesimo, per scongiurare il proseguo dei culti pagani, i felini furono definiti incarnazione del demonio, in quanto simbolo di ciò che doveva essere condannato. 
I gatti neri, in particolare, assunsero una connotazione maligna, poiché ritenuti alleati delle streghe.
Donne reiette e i loro corvini amici finirono sul rogo, insieme, a migliaia, perché ennesime vittime della paura del “diverso”. Paura non solo di ciò che è estraneo, ma anche di ciò che è proprio e interiore, e, in virtù di ciò, ancora più inaccettabile.

Quando il sole viene inghiottito nel nulla, quando il sonno rallenta i ritmi del quotidiano, quando il buio elimina i contorni definiti e fa precipitare nell’incertezza, gli esseri umani, che si muovono alla ricerca di una verità solo anelabile, hanno, infatti, timore.
Timore del mistero dell’ignoto, della malia del sogno, di quanto, solo nell’invisibile, diventa percepibile.
Timore, soprattutto, della parte oscura che alberga in ciascuno: anche quando la si nega e la si imbriglia, essa scivola via e sfugge, ribelle, come una gatto nero che si muove con destrezza nella notte, indistinguibile nell’assenza di luce finché non apre gli occhi, lacerando le tenebre con due fiamme inquietanti che sembrano provenire da mondi sconosciuti e misteriosi. 
Invece, essi sono fiaccole da seguire, per trovare la strada, la propria strada.

Emma Fenu


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