Era un pomeriggio di mezza estate, mentre stavo, seduta sul pavimento, nella soffitta di una casa di tre generazioni. I raggi di sole che filtravano, obliqui e taglienti come dardi, dalle persiane dischiuse, mi illuminavano il volto, le mani e sezioni, solo minime, degli oggetti circostanti.
L’ambiente profumava di naftalina, di carta, di legno e dell'indecifrabile aroma dei ricordi.
Ah...l' odore di naftalina: quell’effluvio, tutt’ora, mentre scrivo, mi fa tornare indietro di quasi 30 anni, all’epoca della mia infanzia, quando mia nonna mi mostrava, aprendo la scatola di legno foderata che la conteneva, una bambola in porcellana risalente ai primi del ‘900.
Quando sento o leggo l'espressione “frugare nel baule della nonna”, so bene di cosa si tratta. E’ un’immersione amniotica in epoche mai vissute, di cui si avverte struggente nostalgia, perché, inscindibilmente, esse sono parte di noi, della nostra storia personale. Gli oggetti dei nostri avi ci raccontano le nostre origini, in un legame che trascende il dna, per coinvolgere direttamente l’anima.
Avevo poco più di vent’anni, indossavo jeans a vita bassissima, avevo pittato le unghie con un improbabile azzurro, ottenuto mischiando uno smalto trasparente con un ombretto acquistato in una bancarella. Ero giovane, incredula e ammaliata, mentre disserravo pesanti bauli in legno scuro, forgiati, da abili artigiani, appositamente per contenere il corredo di una fanciulla, futura sposa e madre.
Ho accarezzato pizzi e ricami frutto di impareggiabile maestria, i primi creati con la tecnica del tombolo, i secondi, a punto pieno su seta, fondono, come quadri, mille sfumature, ritraendo fiori, uccellini e farfalle.
Ho spiegato lenzuola e tovaglie di lino, che recavano i segni ingialliti degli anni, contemplando i trafori che danzavano sulla superficie, simili a opere di fate con mani abili e minuscole.
Forse le janas esistono davvero, ne ho toccato e ammirato i capolavori.
E tali bellezze, conservate in soffitta, le ho riportate in vita, facendole brillare alla luce del sole.
Alcuni oggetti o elementi d’arredo non sono soggetti allo svolgersi del tempo e al mutare delle mode: un copriletto realizzato all’uncinetto, un centrino, una tovaglia ricamata, un cuscino o un tappeto, tutti rigorosamente vintage e handmade, possono essere inseriti anche in un arredamento moderno, creando un contrasto molto interessante e piacevole, oppure possono essere utilizzati solo in occasioni speciali, come una festa di battesimo.
Altri, invece, necessitano di un cambiamento di destinazione d’uso.
Preferisco, ovviamente, stirare con un ferro di ultima generazione, rispetto a quello che si scaldava con la brace, dato che, neppure con il primo, ottengo risultati apprezzabili. Ma quell’antico ferro è perfetto per inserire una piantina, da collocare sul davanzale della finestra, o per diventare un inedito fermacarte su una scrivania.
Analogamente, le lenzuola in pregiato lino, oggi, risultano pesanti e poco pratiche per assolvere alla propria funzione originaria, ma possono essere materiale per creare meravigliosi cuscini e sovra-tentaggi.
E le valigie d’epoca? Prive di rotelle, fragili e poco ergonomiche, sono certo improponibili per un viaggio, ma davvero spettacolari se usate come complementi d’arredo, impilate l’una sull’altra, oppure se, una volta munite di gambe lignee, trasformate in tavolini o comodini, su cui poggiare un vasetto con un fiore fresco.
Infine, ecco il turno del protagonista indiscusso di questa storia: il baule di legno. Immaginatelo al naturale, o scartavetrato e riverniciato con colori ad acqua, posto al centro del vostro salotto, esattamente davanti al divano, con, all’interno, le vostre riviste preferite e, sopra, un vassoio con due tazze da tea o due boccali di birra, a seconda dell’ora del giorno e dei vostri gusti.
Non solo chi è fatto di carne, ossa e sangue ha un’anima.
Emma Fenu
tratto da Nordic Lifestyle Magazine
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