mercoledì 14 maggio 2014

Casalinghe e Pin up. Le donne nelle pubblicità degli anni '50.



"Dagli occhi delle donne derivo la mia dottrina: essi brillano ancora del vero fuoco di Prometeo, sono i libri, le arti, le accademie, che mostrano, contengono e nutrono il mondo".
William Shakespeare

Ah…i mitici anni 50! C’è chi li ricorda con struggente nostalgia, rispolverando la propria giacca di pelle consunta; chi non li ha vissuti in prima persona, ma è cresciuto con il racconto di quell’epoca meravigliosa, in cui erano bambini i propri genitori; chi li immagina, sognante, come un mondo colorato e gioioso, ritmato dal rock 'n' roll; chi li considera una perenne fonte da cui attingere, per reinterpretarne l’inconfondibile stile, che spazia dalla moda al design; chi li detesta, per le ragioni più disparate, anche di carattere ideologico; ma non c’è chi, semplicemente, li ignora.

La guerra era finita, ma era un ferita che bruciava ancora e necessitava di essere sanata attraverso un inno alla vita, che si realizzò in una rinascita non solo economica, ma soprattutto culturale e artistica. 
In particolare le pubblicità, grazie ad un graphic design di memorabile impatto, ci immettono immediatamente nello spirito del fervido decennio, scoprendone, così, mode e modelli, stereotipi, valori e messaggi opportunamente veicolati, a volte deprecabili, come avviene in ogni contesto storico.

Osserviamo l’immagine della donna, che era indiscussa protagonista della maggior parte degli sponsor, se pur spesso inerenti a prodotti rivolti a fruitori prevalentemente di sesso maschile (quali automobili, moto, alcolici e sigarette). Anche negli anni ’50, si assistette ad una dicotomia, di medievale ascendenza, che, nel periodo qui preso in esame, si stigmatizzò nel duplice ruolo di casalinga e di pin up.
Siamo certi che oggi, in modo subdolo e subliminale, modelli femminili stigmatizzati non siano ancora proposti alle nuove generazioni? Non voglio addentrarmi sulla questione ideologica inerente all’immagine (e al corpo) delle Donne, che pur ritengo di fondamentale importanza. In questa sede, mi limiterò a cogliere l’aspetto più frivolo della pubblicità dell’epoca, sorgente inesauribile di icone si stile e di ispirazioni d’arredo.

"Se le donne sono frivole è perché sono intelligenti a oltranza".
Alda Merini

La pubblicità invitava ad una vita genuina e sana, vissuta in famiglia, grazie ad una mamma, perfetta casalinga, totalmente dedita alla cura del marito, onesto lavoratore, e dei figli, all'interno di una dimora in metamorfosi, che si popolava di elettrodomestici e nuovi prodotti alimentari.

"Là dove non c'è amore non c'è donna".
George Sand

Ed eccoli, i giovani angeli del focolare, comparire sorridenti, con movenze aggraziate, facendo frusciare le gonne a ruota, agili se pur strizzate, nel punto vita, da cinture colorate, sempre impeccabili con una camicia bianca o a pois e, se fuori dalle mura domestiche, con il collo scaldato e impreziosito da un pregiato foulard. 
Ma non solo le under 30 popolarono le pubblicità: numerose furono le donne più mature e sofisticate, che, al posto delle ballerine, sfoggiavano decolletes e, disciolta la coda di cavallo, esibivano acconciature elaborate, con la riga laterale e boccoli ben definiti e composti, risultato di ore trascorse con i bigodini, sotto il casco di aria calda, intente, sedute l’una accanto all’altra presso le parrucchierie, a leggere riviste di cucina o di moda.

Accanto alla dolce massaia, erano proposte, inoltre, altre figure femminili: le sexy pin up, termine con il quale si designavano le ragazze che, durante il secondo conflitto mondiale, venivano immortalate su molte riviste, a cadenza settimanale, edite negli Stati Uniti.
Ancora oggi ammiriamo vere dee di bellezza, esuberanti nelle curve procaci e nelle mise provocanti, che contrastavano, sapientemente, con un’espressione del viso da "bambolina", ottenuta con un mix di ingenuità e scherzoso ammiccare.

"Le donne sono tutte diverse. Fondamentalmente sono una combinazione di quanto c'è di peggio e di quanto c'è di meglio al mondo... magiche e terribili".
Charles Bukowski

Anche in questo caso, per obliare la fame patita durante gli anni investiti dal conflitto bellico, la pubblicità si impegnava nel veicolare un messaggio di “sana” e verace avvenenza: non ci sono ricorsi a diete drastiche o, tantomeno, a interventi di chirurgia estetica nei volti armoniosi e nei corpi torniti delle pin up. Erano dive ma, al contempo, ragazze comuni, non assise su troni inaccessibili di aurea perfezione.
L’abbigliamento delle pin up anni ’50 era frutto di un ben calibrato equilibrio tra sensualità e bon ton: shorts con camice a quadretti vichy, legate in vita con un nodo; vestiti a pois o in stile “marinaretta”, con allacciatura dietro al collo e con una generosa scollatura; gonna sia a ruota che a tubino. 
Per l’acconciatura, accessorio must era la bandana, da cui spuntava una frangetta corta e molto bombata, ben laccata. E, per completare il look, irrinuciabile tracciare una riga di eyeliner nero, tingere le labbra con un rossetto rosso rubino e, se d’estate, indossare un paio occhiali modello “cat eye”.

"La forza delle donne deriva da qualcosa che la psicologia non può spiegare. Gli uomini possono essere analizzati, le donne... solo adorate".
Oscar Wilde

Emma Fenu

Articolo pubblicato presso









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