“Devi sapere che si prova una sensazione di calore intenso sulla pelle a scrivere una lettera a un figlio che si sta per lasciare, e fa piuttosto male anche leggerla. Ma ora sei un ometto. Una volta che io sarò riuscito a fermare queste righe sulla carta, tu devi resistere a leggerle. Come hai già capito, vedo chiaramente che forse sto per staccarmi da tutto quanto, dal sole e dalla luna e da tutto ciò che è, ma soprattutto da mamma e da te. E’ la verità, e fa male”.
La ragazza delle arance è un romanzo dell’autore norvegese Jostein Gaarder, pubblicato in Italia nel 2004.
Un ragazzo di quindici anni, Georg, si trova a leggere, con fremente emozione e nostalgia, una lunga lettera lasciatagli dal padre, scomparso anni prima, ben nascosta nella fodera di un passeggino rosso, conservato in un ripostiglio.
Essa narra un’intensa storia d’amore, sbocciata per le vie della Oslo degli anni '70, fra una matricola universitaria e una ragazza che sempre, ad ogni fugace ed imprevedibile incontro, porta con sé un sacco di arance.
Con delicatezza e passione, Gaarder conduce per mano il lettore attraverso una favola contemporanea, struggente e dolce, fatta di sguardi che indagano l’anima e costruita tramite un susseguirsi di misteri e domande che attendono risposta, fino all’esito finale, che culmina in un interrogativo ancestrale sul senso della Vita e sulla sua innegabile Bellezza.
Georg apprende, attraverso le parole scritte nella lettera, la storia della sua nascita, ma, attraversando i limiti contingenti di tempo e spazio e sconfiggendo le dolorose recisioni della morte, apre, soprattutto, un dialogo filosofico con il padre, che non ha potuto conoscere in modo approfondito. E' uno scambio intellettuale ed umano che gli consentirà di approdare alla maturità, conscio delle proprie origini e pronto alla sfida che il mondo riserva ad ognuno: un futuro senza certezze, ma sostenuto da esili speranze che rendono straordinaria ogni esistenza e non escludono un margine di libertà di scelta, pur se immersi nell’ignoto dell’universo e nell’ineluttabile destino.
Se, al termine di tale breve recensione, non avete compreso quasi nulla della trama, sono riuscita nel mio intento. E' un libro che si legge tutto d'un fiato, grazie al periodare semplice e scorrevole e grazie al buon dosaggio di suspance e riflessioni filosofiche. Non è un libro che si racconta, ma che si assapora.
“Cosa avresti scelto se ne avessi avuta l’occasione? Avresti scelto di vivere per un breve momento sulla terra, per poi, dopo pochi anni, venire strappato da tutto quanto e non tornare mai più? Avresti rifiutato?”.
"Ma sognare qualcosa di improbabile ha un proprio nome. Lo chiamiamo Speranza".
Emma Fenu
tratto da
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